Strade per l'Europa
Un patrimonio culturale misconosciuto, un tema di pianificazione trascurato
Esiste un’idea diffusa della viabilità europea che non trova riscontri nella storia. Questa idea tende a trascurare la consistenza effettiva di una grande rete viabilistica, quella che ha percorso l’Europa dall’alto medioevo alla prima età moderna, connettendo in modo automatico il sistema delle strade romane alle nostre autostrade, come se la via Aurelia dell’età antica fosse lievitata gradualmente, diventando da arbusto una grande pianta che nel tempo ha disseccato e perso le tante ramificazioni di cui era dotata.
Questi rami secchi sono le strade cosiddette locali, quelle che la cartografia tecnica chiama “viabilità mista secondaria”, le strade che non possono rientrare nel grafo arborescente delle strade contemporanee perché interrotte, disconnesse o unite da scalinate che la trasformano in “un piatto di spaghetti”.
Traguardando invece la viabilità contemporanea dal punto di vista di queste strade considerate “minori”, ci rendiamo conto che la loro problematica connessione corrisponde a una serie precisa di operazioni che in epoche a noi molto vicine hanno riarticolato la gerarchia delle strade, tagliando quelle che molto spesso avevano ruoli concorrenti e corrispondevano ad altri modelli di percorrenza (con carri, con calessi, con muli o cavalli, a piedi) ma non necessariamente corrispondevanon a istanze esclusivamente locali.
Le strade dell’Europa costituiscono un patrimonio con tendenza all’unitarietà, con valenze culturali evidenti e con funzioni oggi molto interessanti per modelli di trasporto che sempre più divergono dal percorso automobilistico. Uomini che camminano, che vanno in bicicletta, a cavallo, che raggiungono luoghi non accessibili alla viabilità carrabile, percorrono sempre più frequentemente queste strade, mentre – è singolare – si stenta a realizzare percorsi protetti a margine della viabilità ordinaria, trascurando la viabilità esistente. Un modello urbano di pedonalità, fatto di percorsi meno ortogonali e di luoghi “nuovi” perché trascurati dal flusso automobilistico, assume nuovi valori sociali ed economici: lontano dal traffico non significa fuori città, “lungo la strada” non propone necessariamente la folla e il rumore cui il Novecento ci ha assuefatto.